Noi siciliani prendiamo il cibo molto seriamente. Talmente seriamente da paragonare un piatto di pasta alla meravigliosa protagonista di un’opera lirica. Nasce così la pasta alla Norma, da un’esclamazione entusiastica di Nino Martoglio (il mio commediografo siciliano preferito) davanti ad un piatto di pasta “cu i milinciani fritti e ‘a ricotta salata”.
La pasta alla Norma è la quintessenza di catanesità. E’ un piatto semplice, come gran parte della cucina etnea, ottenuto con ingredienti semplici, in cui è la mano sapiente dell’assemblatore a fare la differenza: si condisce la pasta col sugo di pomodori pelati freschi e basilico e, una volta a tavola, si aggiungono le melenzane fritte e la ricotta salata grattugiata sul momento.
Il rituale della Norma ha scandito i pranzi di quasi tutte le domeniche d’estate della mia vita: il sugo di pomodori freschi veniva preparato la mattina presto, quando io ancora dormivo, e aprivo gli occhi nello stesso momento in cui cominciava ad aleggiare nell’aria l’odore delle melenzane fritte. Ancora mezza addormentata mi alzavo dal letto, guidata dal profumo di fritto immischiato a quello di caffè, e arrivavo in cucina in tempo per prendere dal piatto una fetta di melenzana fumante, seguita dall’immancabile palettata sulle mani da parte dell’addetto alla frittura (mamma o nonna, in base alle circostanze). Le melenzane venivano poi messe al centro della tavola e adagiate sulla pasta al sugo direttamente nel piatto, un attimo prima di essere imbiancata da una pioggia di scaglie di ricotta salata.
La mia pasta alla Norma è diversa da quella di mia mamma (e di mia nonna) per ingredienti, non per ritualità. Perché noi siciliani alle tradizioni ci teniamo.
Ho sostituito il classico sugo di pomodori pelati freschi con un sugo velocissimo e semplice di pomodori datterino, che lascio volutamente con la buccia, per dare un tocco di freschezza in più al piatto. Alle melenzane napoletane (quelle viola scuro, dette anche turche dai Catanesi per via del colore scuro, appunto) ho preferito le perline, una varietà molto saporita, che per forma e polpa si presta benissimo alla frittura, mentre la ricotta salata è stata sostituita dalla vastedda del Belice. Sono una trapanese, dopotutto.
Ingredienti
- 500 gr rigatoni
- 500 gr pomodori datterino
- 6 melenzane varietà perline
- 1 spicchio d’aglio
- basilico q.b.
- sale q.b.
- vastedda del belice q.b.
- olio e.v.o. q.b.
Per prima cosa prepariamo le melenzane precedentemente lavate, togliendo la calotta superiore e inferiore. Tagliamole a rondelle di circa un centimetro di spessore, saliamole e mettiamole a riposare in uno scolapasta per mezzora. Eliminato l’amaro, non laviamo le melenzane ma strizziamole leggermente per eliminare eventuale liquido di salamoia in eccesso.
Scaldiamo in un’ampia padella abbondante olio e solo quando quest’ultimo sarà ben caldo immergiamovi delicatamente le melenzane tagliate a tocchetti e friggiamo per qualche minuto. Le melenzane saranno pronte quando avranno un colorito dorato. Badiamo a non cucinarle troppo, altrimenti perderanno la loro dolcezza, diventando amarostiche. Mettiamole a scolare su carta assorbente e procediamo con la preparazione del sugo.
Sbucciamo uno spicchio d’aglio e facciamolo rosolare in due cucchiai d’olio in un’ampia padella (volendo, la stessa in cui abbiamo fritto le melenzane) per qualche minuto. Aggiungiamo poi il pomodorino lavato e tagliato a metà e facciamo cuocere a fiamma vivace per 10 minuti, regolando di sale. Spegniamo e uniamo il basilico fresco.
Portiamo a bollore una capiente pentola con acqua leggermente salata e facciamo cuocere i rigatoni. Coliamoli al dente, versiamoli nel sugo e facciamo insaporire insieme, mescolando per un minuto. Serviamo così, aggiungendo direttamente nel piatto la quantità di melenzane desiderata.
Ultimiamo con una generosa grattugiata di vastedda del Belice, utilizzando la parte della grattugia riservata al taglio alla julienne, e con una foglia di basilico.
Mangiatela ancora fumante e buona arricriata!